“Poco più di un anno fa, l’Italia si trovava a camminare lungo il viale di un “pericoloso isolamento” grazie a chi invocava pieni poteri dalle spiagge del Papeete e strizzava l’occhio a Orban e al restante gruppo di Visegrad. Si trattava – è bene ribadirlo – di un vero e proprio tradimento della tradizione europeista di cui la nostra Repubblica è fedele baluardo. Tradimento al quale abbiamo reagito. Ed è proprio questo, se vogliamo, che segna un solco profondo di discontinuità tra l’esecutivo attuale e quello precedente. Non possiamo nascondere quanto acceso e critico sia stato il dibattito degli ultimi anni sul tema europeo, sul rapporto da tenere con l’Unione, sull’identità dell’istituzione e sulle sue relazioni con i Paesi membri. E certo alcune questioni le abbiamo poste anche noi, come Paese Italia. E lo abbiamo fatto con forza liberando il dibattito dalla domanda “se occorre stare dentro o fuori l’Europa” ma interrogandoci su come cambiarla, su come migliorarla. Abbiamo discusso a lungo sul fatto che le regole di bilancio fossero troppo stringenti, e il Patto di Stabilità e crescita è stato sospeso. Le regole sugli aiuti di Stato erano troppo rigide: sono state sospese. Si è lamentato che la BCE fosse troppo attenta al lato dell’inflazione, e oggi abbiamo il Pandemic Emergency Purchase Programme. Chiedevamo di dotare l’Unione europea di emissioni comuni, e abbiamo ottenuto il meccanismo SURE e il Recovery Fund. E se volessimo, con onestà intellettuale, richiamare la enorme portata della nuova risposta europea, che è anche manifesto politico, ci basterebbe richiamare il Next Generation EU. E per questo allo stesso modo, oggi, torniamo a chiedere che la discussione sull’impianto di investimenti e riforme, e sulla governance, resti di assoluta centralità, perché non è pensabile procedere senza un reale coinvolgimento dell’organo che è espressione, per eccellenza, della rappresentanza democratica. Per noi questo significa voler rafforzare l’azione di un governo – il nostro – nato su iniziativa parlamentare e che ha la necessità di continuare a condividere con il Parlamento obiettivi, metodi di lavoro ma anche strumenti per poter vincere la sfida che abbiamo davanti. Una sfida che il Parlamento non potrà mai accettare di delegare alla sola operosità di organismi tecnici”. Così il senatore del Pd Dario Stefàno, presidente della commissione Politiche europee a Palazzo Madama nel suo intervento durante la discussione generale sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo.


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