“Con la riforma del processo civile, grazie agli emendamenti che abbiamo presentato come Commissione femminicidio, è stato avviato un lavoro che confido verrà proseguito dal governo e dalla ministra Cartabia per dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul. Abbiamo ottenuto finalmente che la violenza contro le donne entro a pieno titolo, chiamata e riconosciuta per quello che è, anche nel processo civile, in modo particolare nei procedimenti che riguardano la famiglia, con attenzione particolare a quelli che coinvolgono i minori “. Lo ha detto in Aula la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della Commissione Femminicio.
“Nell’ultima settimana – ha proseguito Valente – è stata registrato in media un femminicidio al giorno. Credo che questo, al di là dei commenti e dell’indignazione, debba interrogare queste aule su cosa fare in concreto. L’Italia ha già una legislazione importante in materia di contrasto alla violenza contro le donne, ma le norme vanno correttamente interpretate e applicate. Per questo è importante investire su formazione e specializzazione degli operatori e sul riconoscimento della violenza nel processo civile che è cosa diversa dal conflitto sempre richiamato. La riforma del processo rappresenta per noi l’occasione di una risposta in più. La violenza contro le donne è l’espressione di una sperequazione di potere, di una relazione profondamente asimmetrica che si esprime nel lavoro, nella società e anche nelle aule di giustizia, anche se so che anche qui dentro c’è chi non la pensa così. Ciò che accade spesso è che una donna che subisce violenza per tanti anni, sessuale, fisica, psicologica sente di dover mettere fine a una relazione e inizia una separazione. E sapete cosa accade? La sperequazione di potere tra i sessi è tale per cui spesso l’uomo che si sento attaccato anche in un suo pezzo di identità legata a dinamiche di potere che non vuole mollare utilizza i figli contro la sua ex moglie o compagna. E quando i figli dopo anni di violenza urlano che quel padre non vogliono vederlo, di fronte a questo rifiuto spesso gli avvocati suggeriscono al padre di accusare la donna di Pas, di essere una madre alienante. In ragione di questo alle donne vengono sottratti i figli, anche con l’uso della forza pubblica. Questo è il dramma che vivono tante donne e su questo siamo intervenuti: ora finalmente la violenza viene letta nel processo civile, abbiamo chiesto di investire di più sul ruolo di terzietà e imparzialità dei giudici limitando i poteri di delega, abbiamo dato meno potere ai consulenti che devono essere specializzati, abbiamo chiesto di partire sempre dall’ascolto diretto del minore e non delegandolo e abbiamo stabilito che l’uso della forza per prelevare un minore sia l’estrema ratio solo in casi estremi e dentro una procedura che deve sempre tenere conto della volontà e solo del superiore interesse del minore “.