Su Venezia nessuna nazione al mondo trascurerebbe cautele
‘La necessità è che le diverse idee progettuali per la navigazione delle grandi navi da crociera non prevedano sacrifici per i livelli occupazionali e siano tutte sottoposte ad una sollecita valutazione di impatto ambientale, tutte con un medesimo grado di approfondimento tecnico, così da rendere reale e trasparente il loro confronto. Questo è il contenuto del dispositivo della mozione unitaria che i senatori del Partito Democratico voteranno e che pone un’esigenza seria’. Lo afferma il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda nel corso della dichiarazione di voto sulle mozioni sulle grandi navi. E poi continua:
‘Nessuna nazione del mondo, dovendo operare su un tessuto prezioso come Venezia, trascurerebbe queste cautele. La salvaguardia fisica, economica, sociale e culturale di Venezia è vitale per la città e per il mondo. Ma questo obiettivo perderebbe senso se i diversi interventi non tenessero conto della compenetrazione tra città e laguna, se chi protegge la laguna non si curasse dell’occupazione che non c’è, se chi spinge verso lo sviluppo non si accorgesse del degrado culturale’.
‘Gran parte degli squilibri dell’ecosistema veneziano sono un effetto diretto delle scelte fatte tra la fine degli anni ’40 e gli anni ’60. Etano altri tempi. Mancavano gli strumenti per prevedere le conseguenze a medio e lungo tempo di decisioni che allora in Italia apparivano, anzi erano, lungimiranti. Quando a Venezia si emungeva l’acqua dalle falde e si scavava il canale dei petroli, a Mantova, Cremona, Moncalieri, Falconara Marittima, Livorno, Macchiareddu, Sarroch, Ravenna sorgevano raffinerie, a Taranto e a Bagnoli nascevano grandi centri siderurgici, a Milano, Ferrara, Mantova, Assisi, Porto Empedocle, Brindisi importanti impianti chimici. Lo ricordo non per rimettere in discussione quelle scelte, sulle quali ha poggiato gran parte del boom del dopoguerra, che hanno favorito tanta occupazione, che hanno fatto dell’Italia la settima potenza industriale del mondo. Ricordo quegli anni nel tentativo di far meglio comprendere quanto il mondo sia cambiato e che l’Italia del 2014 non può permettersi di sottovalutare i rischi che conosce. Oggi – conclude Zanda – abbiamo tutti gli strumenti per prevedere quali conseguenze avranno nel tempo i nostri interventi. Questo accresce molto la nostra responsabilità’.

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