La premessa è che «una regola non scritta della prima Repubblica è che un ex presidente di un ramo del Parlamento non polemizza mai con i suoi successori». Detto questo, Pier Ferdinando Casini, che è stato seduto sullo scranno più alto della Camera, non si sottrae ad un`analisi di come le istituzioni stiano preparando la ricorrenza che dovrebbe unire il Paese. «Chi ha più responsabilità dovrebbe cercare elementi di unità, non di divisione».
Quest`anno, il 25 aprile assume un valore particolare e la politica offre al Paese uno spettacolo di polemiche e divisioni. È una riproduzione fedele di come è divisa la nazione sul nodo cruciale della sua storia?
«No, assolutamente. Sono convinto che la maggioranza dei cittadini si riconosca in questa data della liberazione e nel valore fondante della Resistenza come elemento costitutivo della nostra Repubblica».
Vale anche per i giovani?
«Per loro meno, per questo si tratta di coltivare la memoria. Non hanno le idee chiare sul 25 aprile ma forse neanche su De Gasperi e sui grandi passaggi della storia italiana».
Chi ha incarichi di governo dovrebbe avere un supplemento di responsabilità nell`evitare polemiche?
«Tutti noi che abbiamo più responsabilità dovremmo avere un supplemento di intelligenza e consapevolezza storica. Ma purtroppo non sempre capita. Io sono stato dopo la fine della prima repubblica in una coalizione di centrodestra. Ma era la coalizione del discorso di Berlusconi a Onna, di Fini che definisce a Fiuggi il fascismo male assoluto…».
E la coalizione di oggi?
«Ho il timore e la sensazione che la destra che sta al governo, invece di andare avanti su quel terreno, stia rischiando di andare indietro».
Quale può essere il motivo?
«Temo succeda più per ignoranza e superficialità che per consapevolezza storica».
Che effetto le ha fatto sentire uno dei suoi successori pronunciare il nome di Vittorio Bachelet con la storpiatura di Bàkelet?
«Intelligenti pauca (a chi sa intendere bastano poche parole, ndr). Ma io sono all`antica e tra le cose che mi hanno spiegato nella prima Repubblica c`è appunto quella che i presidenti delle Camere vanno tenuti fuori dalle polemiche. Naturalmente dovrebbero astenersi anche loro».
E lo stanno facendo, sentendo cosa ha detto La Russa sull`antifascismo assente dalla Costituzione?
«In verità, lunedì scorso, quando ha presentato a Milano il mio libro, gli ho sentito dire parole di verità ed equilibrio, poi ogni tanto esterna in libertà e forse dovrebbe non farlo». Condivide la sua scelta di andare sulla tomba di Jan Palach il giorno della liberazione, accostando antifascismo e anticomunismo?
«Guardi, sono stato più volte anch`io sulla tomba di Palach ed è giusto non dimenticarsi cosa è stata la primavera di Praga. Ma il fatto importante riguardo all`Italia, è che noi grazie alla Democrazia Cristiana non abbiamo mai avuto il comunismo al governo. Anzi, la lezione degasperiana è stata così forte che il comunismo italiano è stato l`artefice dell`eurocomunismo di Berlinguer».
E quindi?
«Da noi c`è stato il fascismo e ci misuriamo con quello che c`è stato in Italia, poi andare sulla tomba di Palach è senz`altro meritorio».
La premier dovrebbe fare qualcosa per dare al Paese un senso di coesione?
«I gesti simbolici si sentono, non vengono suggeriti. Ma c`è un elemento ulteriore».
Prego.
«La Resistenza è stata un fenomeno collettivo, dovuto ai comunisti, ai cattolici, agli azionisti, ai liberali, un arco composito di forze, nessuno ne ha il monopolio. La sinistra ha cercato di averlo e finché c`è stata la Dc non lo ha avuto, ma oggi se si continua così, rischia di essere un regalo che gli fa la destra. Poi, che negli anni successivi alla Resistenza ci siano stati fenomeni anti-democratici da parte dei comunisti è acclarato. Certo, ricordare quei fatti è doveroso, ma non è che ogni volta che c`è il 25 aprile bisogna cercare fattori divisivi, è il momento dell`unità non delle divisioni. Chi ha responsabilità istituzionale deve cercare elementi di unità».