‘Chi decide di far politica rinuncia quasi per definizione a una fetta della propria privacy’
«E positivo che non venga toccata la normativa attuale sul presupposto di fare le intercettazioni, che rimangono strumento indispensabile per le indagini». Felice Casson, senatore Pd ed ex giudice istruttore, ritiene che «bisogna stare attenti alle norme che si vogliono fare sulla pubblicazione».
Qual è la sua preoccupazione?
«Non è facile trovare il punto di equilibrio tra la privacy delle persone, il diritto di cronaca dei giornalisti, e quello dei cittadini di sapere. Perché una democrazia si basa anche sull’informazione».
In passato le critiche alla pubblicazione sono arrivate sovente dai politici, quando sono state pubblicate intercettazioni che riguardavano indagini sul loro conto. Ritiene che voi dobbiate godere di qualche particolare riguardo, al proposito?
«Al contrario. Penso che chi decide di far politica rinunci quasi per definizione a una fetta della propria privacy. Nel senso che deve essere più trasparente rispetto al cittadino normale su tutti gli aspetti».
Anche quelli che riguardano la privacy?
«Assolutamente sì. La corte di Strasburgo ha condannato la Francia, la Grecia e la Finlandia per aver condannato dei giornalisti che avevano svelato particolari riservati dei vertici politici nei loro Paesi. Ebbene, io ho firmato un emendamento che prevede la scriminante per quei giornalisti che pubblicano notizie sui vertici istituzionali».
Una sorta di impunibilità?
«Si tratta di una scriminante che consente di violare la norma sulla riservatezza del codice penale quando si tratta di notizie di alto rilievo istituzionale».
Ma questo emendamento a che punto è?
 «Attualmente è tutto fermo. ma se il governo proporrà norme in questo senso, chiederò che sia tutelata la privacy, ma con i limiti previsti dalla corte di Strasburgo che attribuisce al giornalismo il ruolo di ‘cane da guardia’ della democrazia».
Chi deve stabilire il limite, è d’accordo con Renzi che siano coinvolti i direttori delle testate?
«Che possano essere sentiti i direttori è positivo. Ma si tratta di una decisione tecnica che deve contemperare delle norme. Bisogna decidere all’interno del processo penale quando viene meno l’obbligo di segretezza e quindi il diritto alla pubblicazione».
Qual è il diritto che deve prevalere in questa decisione?
«Nel codice attuale c’è confusione. Il punto di equilibrio è difficile da trovare perché sono in conflitto quattro diritti, tutti costituzionalmente garantiti. Il diritto degli investigatori a fare indagini, quello alla riservatezza della persona, quello della difesa. E la libertà di stampa».