Dialogo vero con tutti e un insuperabile limite di civiltà
Caro direttore,
inizio da una considerazione: è urgente
realizzare una legge sulle unioni civili.
Hanno richiamato questa esigenza Corte
Costituzionale, Corte di Cassazione, Corte
europea dei diritti umani. A mio parere fu
un errore non aver approvato otto anni fa
una legge equilibrata come i Dico,
elaborata, durante il Governo Prodi, da
Rosy Bindi e Barbara Pollastrinì. Ormai il
tempo è diverso e dobbiamo prenderne
atto. Lo è anche per la Chiesa di papa
Francesco. Già molti anni fa, di fronte al
divorzio, Aldo Moro aveva intuito che era
venuto un tempo che chiedeva, ai cristiani
e alla Chiesa, di dare priorità alla
formazione nella società di
comportamenti coerenti con i propri
valori, piuttosto che affidarsi agli Stati,
tenuti a garantire il pluralismo di fedi e
culture. Lo è per le forze politiche, che
devono evitare pregiudiziali che non
consentono di ascoltarsi, ostruzionismi
incapaci di proposte, strappi velleitari.
Non servono toni assoluti, se si vogliono
trovare soluzioni giuste.
Le unioni civili non rientrano in accordi di
governo: ciò non può attenuare lo sforzo
per soluzioni condivise nella
maggioranza Ampliare le convergenze è
utile: giocare con le sostituzioni sarebbe

leggerezza. Ci sono aspetti della legge che
uniscono un vasto arco di forze: penso che
sia giusto garantire i diritti delle coppie di
fatto, sia eterosessuali che omosessuali; le
nonne giuridiche per assicurare il rispetto
di quei diritti devono essere diverse dal
matrimonio, così come previsto
nell`articolo 29 della Costituzione. La
Costituzione non può essere chiamata in
causa a seconda che piaccia o meno.
Considerare l`insieme delle famiglie, come
oggi sono presenti nella società, non
significa non sottolineare l`importanza
primaria del nucleo familiare tradizionale,
in cui vive la maggior parte dei cittadini e
non dotarlo dei sostegni indispensabili.
Il tema più difficile riguarda l`adozione
del figlio, già esistente, di un convivente
delle coppie gay. Qui si scontrano
tradizioni e sentimenti, aspirazioni e
preoccupazioni di abusi, assicurati
magari da disponibilità di denaro.
Occorre riconoscere che non sono state
ancora individuate nonne che mettano
un desiderio al riparo da questo rischio.
Sarebbe stato meglio, come in Germania
nel 2001, approvare prima una legge sulle
unioni civili e successivamente, dopo una
fase di confronto nella società, valutare
come affrontare la questione
dell`adozione dei figli. Oppure inserire
questa problematica nella revisione
complessiva delle adozioni, all`attenzione
anch`essa del Parlamento. Temo sia tardi
per scelte più sagge ma ormai travolte dal
corso della politica.
Di fronte a noi, stanno realisticamente
due vie: trovare una convergenza, a partire
dalla maggioranza di governo, sullo
strumento giuridico dell`affido – come in
Germania – rendendolo continuativo e
prevedendo, a 18 anni, il diritto del
ragazzo o della ragazza a decidere per
l`adozione. In caso contrario, se prevarrà
la scelta dello scontro ideologico, la strada
sarà quella dei voti segreti e della libertà di
coscienza Preferirei un confronto
trasparente e chiare assunzioni di
responsabilità. Per riuscirci bisogna
ampliare la prospettiva dei nostri punti di
vista: non mettere in contrapposizione
adulti che compongono una coppia di
fatto e bambini, ma riuscire a farsi carico
dei bisogni, diritti, doveri e aspirazioni,
degli uni e degli altri, dando priorità ai più
deboli. Non limitarci a tenere presente il
solo Parlamento, le tattiche e i numeri per
varare una legge. Quella sulle unioni civili
sarà quasi certamente sottoposta a
referendum: è legittimo, anche se in
questo caso si rivela l`importanza che
avrebbe dispone non solo di quello
abrogativo, ma di quello di indirizzo.
La politica tuttavia dovrebbe operare
perché la consultazione dei cittadini si
fondi su un confronto di merito, capace di
far crescere l`intera società, non su scontri
laceranti che lasciano dietro di sé divisioni
e spesso macerie.

Il presidente Chiti sa che apprezzo la
schiettezza e la ragionevolezza con cui si misura con le questioni aperte e
con cui sempre interpreta l`arte del dialogo che entrambi abbiamo cara, pur
a volte nella legittima diversità di giudizio su singole situazioni e
soluzioni e su passaggi storici. Dal disteso ragionamento che sviluppa sul
nodo (che altri continuano ad aggrovigliare con fraintendimenti e più di una
malizia) delle unioni gay ho nuova conferma di questa sua attitudine e di
questa sua preoccupazione. E dico subito che, sul laico piano del metodo
democratico, penso anch`io che possa essere utile oltre che opportuno
realizzare una legge di larga convergenza che regoli chiaramente le unioni
tra persone dello stesso sesso come realtà di carattere solidale, ma non
matrimoniale. C`è, infatti, ormai bisogno di una normativa che, prima di
tutto per la saggezza e la saldezza delle soluzioni trovate, abbia un volto
umano e non ideologico e sia perciò in grado di ‘reggere’ tanto alla futura
(e più che probabile) prova referendaria evocata da Chiti, quanto a scontati tentativi di ‘spanciamento’
(o addirittura di rivolgimento) per via giudiziaria. Proprio per questo è
importante, secondo l`impostazione della sentenza 138/2010 della Corte
Costituzionale, un limpido ‘aggancio’ di tali unioni all`art. 2 della
Costituzione – che richiama le «formazioni sociali» nelle quali «si svolge»
la «personalità» dell`uomo – e nessuna confusione con il matrimonio secondo
l`art. 29. Purtroppo però, da questo punto di vista, il testo attuale
annuncia seri e gravi pasticci, che giuristi delle più diverse scuole ma
della stessa consapevolezza già cominciano a mettere con stupore e allarme
sotto la lente (Luciano Moia ne dà conto, proprio oggi, a pagina 5). Un
discorso speciale riguarda la scelta della via da imboccare riguardo ai
figli. Che non sono e non devono essere ridotti – anche se la spinta è
forte, anzi proprio per questo – a oggetto di ‘diritto’ altrui (o a
bandierina da conquistare in ‘battaglie’ politiche e/o esistenziali), perché
essi stessi sono sempre soggetti titolari, come ogni altro
essere umano, di diritti propri e inviolabili. Lo dico da tempo e lo ripeto con
tutta la forza e la convinzione possibili: i figli, assieme alle donne
madri, non possono essere precipitati nell`abisso disumano e mercantile
scavato dalla pratica dell`«utero in affitto» (e in misura meno lancinante,
ma civilmente non meno grave, del commercio del seme maschile).Abisso che il
senatore Chiti non nomina, ma fa balenare
quando parla di possibili «abusi, assicurati magari da disponibilità di
denaro» in riferimento all`adozione all`interno di coppie omosessuali (e non
solo) del figlio del partner, la cosiddetta stepchild adoption. E c`è
dell`altro. Ancora troppo pochi legislatori, infatti, si rendono conto quanto
grave sia la minaccia di realizzare attraverso questa forma di adozione un
sistema conflittuale e disorientante nel quale attorno al figlio possono
affollarsi sino a tre o quattro genitori o al contrario la madre o il padre
biologici (o anche entrambi) possono essere programmaticamente rimossi. Il
realismo spinge a considerare il bivio secco «o adozione del figlio del
partner o affido», dice tuttavia Chiti. Io so
che non parla a vanvera, e però continuo a sperare in un sussulto di buon
senso che spinga a valutare bene tale passaggio. E non ora, nella legge
sulle cosiddette unioni civili, bensì in sede propria (cioè la riforma
dell`adozione), calcolando a fondo tutte le conseguenze dei ‘processi
relazionali’ che possono venire
innescati. Ma, più di tutto, almeno una cosa
vorrei che fosse finalmente decisa e garantita: il ferreo divieto di ricorso
all`«utero in affitto» e a ogni altro commercio d`umanità nella generazione
dei figli. Ma un divieto ferreo davvero, insuperabile. Chi acquista il corpo
di una donna per ‘farsi fare’ un figlio non deve poter ‘avere’ quel figlio,
e tanto meno condividere anche solo un pezzo di genitorialità attraverso
adozione o affido. Altri Paesi lo consentono? Giudici italiani lo stanno
permettendo? Lo so. E proprio per questo come tante e tanti, semplicemente
per umanità e per rispetto vero di ogni persona, vorrei che il mio Paese
fosse il primo a rispondere, decidendo che una tale vergogna schiavista non
può e non deve essere accettata. Qualcuno deve pur cominciare a resistere, a
ribadire uno dei fondamentali cardini dell`umana civiltà. Spero davvero che
sia l`Italia, che il nostro Parlamento si scuota, veda e provveda in dialogo
vero. Ma con tutti.


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