Patrick Zaki è illegalmente detenuto in Egitto da oltre 14 mesi. Nei giorni scorsi la sua fidanzata ha espresso forte preoccupazione per la sua tenuta psichica e morale oltre che fisica viste le condizioni e le torture subite.

Abbiamo tutti letto il messaggio di dignità e coraggio, scritto in italiano, che Patrick è riuscito a far uscire dal carcere attraverso un libro e da cui traspare anche l`enorme difficoltà a continuare a resistere a un trattamento disumano, incivile, illegale e barbaro.

La carcerazione preventiva di Patrick è stata reiterata più e più volte.

Ecco perché nella mozione di maggioranza votata al Senato, alla presenza di grande valore e significato di Liliana Segre che ne è firmataria, oltre alla richiesta al governo di attivare le procedure per il riconoscimento della cittadinanza italiana al giovane attivista per i diritti umani (un`iniziativa di forte valore simbolico) c`è anche quella, sostanziale, di ricorrere alla clausola 30 della Convenzione Onu contro la tortura che, con un iter più rapido, consente, laddove non si possa attivare un negoziato sull`applicazione della Convenzione stessa, di avviare un arbitrato internazionale fino alla Corte di giustizia internazionale.

Sia l`Italia che l`Egitto hanno ratificato la Convenzione.

Ed è questa la ragione per la quale il nostro Paese , come peraltro potrebbe fare ciascuno degli altri Stati firmatari, ha il diritto e il dovere di pretenderne dall`Egitto il rispetto trattandosi di impegno vincolante assunto in sede internazionale. Ma c`è anche un`altra ragione per affiancare questa strada a quella della cittadinanza: al meccanismo dell`articolo 30 si può ricorrere da subito, senza attendere l`eventuale riconos cimento della cittadinanza italiana.

Oggetto della Convenzione contro la tortura, le punizioni inumane e degradanti sono infatti i diritti umani che vanno rispettati sempre, indipendentemente dalla cittadinanza. Non esistono dubbi che Patrick, giovane e impegnato attivista, studente e ricercatore Presso l`Università di Bologna, sia stato barbaramente picchiato e torturato per la so- la colpa di lottare per la democrazia e la libertà nel suo Paese.

Per la sola colpa delle sue idee.

Incolpato addirittura di essere un terrorista e per questo, con questa assurda accusa, trattenuto dal 7 febbraio 2020 nelle carceri egiziana, senza prove, senza un giusto processo.

Le poche righe che è riuscito a consegnarci rappresentano un estremo tentativo di far sentire una voce, di rivendicare un`identità contro il feroce tentativo di repressione di cui egli, come tanti, troppi altri, è vittima e ostaggio.

E la ragione per cui in questi anni non abbiamo mai smesso, dentro e fuori le istituzioni, in particolare attraverso il lavoro della Commissione straordinaria per i diritti umani, di chiedere con forza verità e giustizia per Giulio Regeni, anch`egli giovane ricercatore, ucciso dallo stesso sistema repressivo, violento, illegale che sta distruggendo la vita di Patrick, della sua famiglia, dei suoi amici, che colpisce al cuore chiunque creda nell`inviolabilità assoluta dei diritti umani fondamentali e che sta trasformando l`Egitto in uno dei Paesi più illiberali e repressivi.

Ecco perché questa battaglia, la battaglia per Patrick, per Giulio e per tutte le vittime di aggressioni, violazioni, intimidazioni, torture, non potrà mai cessare finché la battaglia stessa non sarà vinta, finché non saranno condannati i responsabili della morte di Regeni e chi ha tentato di insabbiarne il caso e finché Zaki non sarà liberato.

L`Italia non smetterà di far sentire la sua voce e di percorrere tutte le strade possibili come altrettanto devono fare l`Europa, già promotrice di una risoluzione comune approvata nel dicembre scorso dal Parlamento europeo, e la comunità internazionale.

Abbiamo il dovere di andare avanti, di agire sul fronte polifico, diplomatico e del diritto e di fare presto perché non sappiamo quanto Patrick potrà resistere.

Non sappiamo cosa potrebbe ancora accadergli, ma sappiamo che dove stanno i diritti fondamentali delle persone, la libertà, la giustizia là stanno e devono stare le nostre istituzioni democratiche, l`Italia.


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