Niente scissione, ma qui è in gioco l’identità della sinistra
Miguel Gotor, senatore Pd, è stato uno dei principali collaboratori di Pier Luigi Bersani al tempo delle primarie del 2012 vinte contro Renzi. Di professione storico, è entrato in parlamento solo nel 2013, ed è tra i firmatari degli emendamenti al Jobs act.
Oggi c`è la direzione Pd, Renzi non fa mediazioni sull`articolo 18. La minoranza si adegua?
«Noi lavoreremo fino all`ultimo momento per una soluzione unitaria. Un Pd unito sul lavoro, che è un tema centrale, rende più efficace anche l`azione del governo. Dovrebbe esserci un comune interesse».
Forse Renzi non la pensa così…
«Noi siamo d`accordo con il contratto a tutele crescenti proposto dal governo, ma chiediamo che la legge delega non sia in bianco. Fino a una ventina di giorni fa erano il ministro Poletti e il responsabile economico del Pd Taddei a dichiarare che chi sollevava la questione dell`articolo 18 boicottava la riforma del lavoro. Lo stesso Renzi citava il modello tedesco, ed eravamo tutti d`accordo… Il paradosso è che il Pd sul lavoro era unito, ora invece viene diviso da questa accelerazione del premier».
 Cos`è cambiato? L`Europa ha imposto un diktat?
«Non credo a diktat europei, perché è universalmente riconosciuto che il tema dell`articolo 18 non serve a creare lavoro».
E stato Draghi a dire ‘fate come la Spagna’…
«Mi sembrerebbe più utile fare come la Germania, anche perché la Spagna ha un deficit di oltre il 6%. Un modello, ripeto, che era stato proposto dal segretario Pd. Credo ci siano soprattutto ragioni di politica interna: la necessità di offrire una bandierina ideologica a Ncd, alleato di governo a rischio di smembramento. Questo cambio di rotta lo leggo più in questo modo».
Comunque, adesso Renzi dice che l`articolo 18 va tolto. Voterete questa riforma?
«Se dobbiamo di nuovo ragionare dell`articolo 18 – e dopo la riforma Fornero non era affatto necessario – allora dobbiamo anche parlare di valori e di principi legati al lavoro. In caso di ingiusto licenziamento il diritto alla reintegra è previsto dalle legislazioni europee più civili perché il lavoro non può essere interamente monetizzato. Non è soltanto materialità, ma è anche dignità della persona. Peraltro, non conviene neanche agli imprenditori: si irrigidisce ulteriormente il mercato del lavoro, perché chi è garantito (chi ha vecchi contratti, ndr) sarà spinto a non cambiare più lavoro, e magari non è il più bravo. Poi, le coperture economiche: chi governa ha il dovere di dire dove prende il denaro per fare ciò che promette».
 Temete che Renzi voglia finanziare i nuovi ammortizzatori tagliando sanità e pensioni?
«No, ma è bene dirlo prima. Ad esempio non sarebbe possibile prendere i soldi dalla cassa integrazione in deroga, creando un dramma sociale per migliaia di lavoratori. E già avvenuto con le pensioni degli esodati nel 2012, quando Monti non volle ascoltare le parti sociali».
Vi atterrete alla linea del partito o chiederete libertà di coscienza?
«Qui non si tratta di coscienza, ma di autonomia politica di un parlamentare che ha dei principi di cui risponde ai suoi elettori. Questi emendamenti (della minoranza, ndr), per quanto mi riguarda, li voterò. Per il voto finale vedremo l`evoluzione del dibattito, anche se da parte mia c`è oggi piena disponibilità a votare il provvedimento, perché lo sostengo. I nostri sono emendamenti di merito volti a migliorare e a definire meglio la delega del governo: è del segretario Pd la responsabilità di tenere unito il partito e di non procedere a badilate».
 C`è un rischio scissione, come dice Civati?
«Lo escludo, questa battaglia sul tema del lavoro è un dovere condurla dentro al Pd, c`è un comune destino. In verità è Renzi che preferisce farla con Sacconi e Berlusconi, ossia con la destra, piuttosto che pensare all`unità del partito di cui è segretario. Questa deriva va contrastata perché rischia di tradire l`identità stessa del Pd. Di sicuro, ciò che non si può fare è vendere come mediazione il tema del licenziamento discriminatorio, che è già vietato dalla Costituzione e non è mai stato oggetto di discussione».
Della Valle pensa aun altro governo, la Cei attacca, il Corriere pure… Si lavora a un nuovo esecutivo tecnico?
«Non credo a queste soluzioni. Certo, vedo crescere uno scontento che ci obbliga a governare con maggiore incisività. Dobbiamo rispondere non tagliando l`articolo 18 ma creando lavoro per chi non ce l`ha, detassando il costo per gli imprenditori e intervenendo sulle piccole opere cantierabili con l`obiettivo di riattivare la domanda».