– Il Senato,
premesso che:
il polo siderurgico di Terni rappresenta il più grande sito industriale dell’Italia centrale: vi sono impiegati direttamente circa 2.900 addetti e altrettanti costituiscono l’indotto di riferimento. Dai comuni indicatori statistici, si calcola che siano circa 20.000 persone che ne beneficiano in termini di reddito;
AST Acciai speciali Terni è tra i primi produttori mondiali di laminati piani inossidabili, costituendo da sola una quota sul mercato italiano superiore al 40 per cento;
nel 2011, la ThyssenKrupp, società proprietaria del sito, ha deciso di uscire dal settore dell’acciaio inossidabile attraverso lo scorporo, avvenuto nell’agosto 2011, dell’area ‘stainless’. Successivamente, ha avuto luogo la creazione di una nuova società, Inoxum, che con i suoi 11.000 dipendenti comprendeva tra l’altro: ThyssenKrupp Acciai speciali Terni SpA e le altre imprese del sito integrato, ThyssenKrupp Nirosta, con 5 stabilimenti in Germania per la produzione di una vasta gamma di laminati inox tra cui quelli di Krefeld e Bochum; ThyssenKrupp Merinox, unico produttore messicano di laminati inox; ThyssenKrupp stainless USA, produttore di laminati piani a Calvert in Alabama; ThyssenKrupp VDM, che in Germania produce leghe a base di nichel;
nel corso del mese di gennaio 2012, il gruppo siderurgico finlandese Outokumpu ha formalizzato l’offerta per l’acquisizione del 70 per cento di Inoxum, per un controvalore di circa 2,7 miliardi di euro. Outokumpu è una multinazionale con circa 8.250 dipendenti e sedi in più di 30 Paesi, nei quali opera sia con impianti produttivi che con centri di servizi. I centri di ricerca e sviluppo e di assistenza tecnica si trovano ad Avesta in Svezia e a Tornio in Finlandia. Il fatturato dell’anno 2011 è stato pari a 5 miliardi di euro;
l’integrazione di Outokumpu e Inoxum avrebbe quindi portato alla creazione di un soggetto potenzialmente leader globale nella produzione di acciaio inossidabile, con un fatturato stimabile nell’ordine di 11,8 miliardi di euro ed oltre 19.000 dipendenti nel mondo; l’integrazione tra le due realtà produttive prevedeva, tra l’altro, la chiusura del sito di tedesco di Bochum alla fine del 2015 e la cessazione nel 2013 dell’attività fusoria dello stabilimento di Krefeld, che avrebbe continuato la propria attività con la sola laminazione a freddo dell’acciaio; gli stabilimenti di Tornio in Finlandia e Terni in Italia, secondo il piano presentato nel mese di aprile 2012 da Outokumpu alle istituzioni ed alle forze sociali, sarebbero stati i capisaldi della produzione del gruppo in Europa; a maggio 2012 la Commissione europea ha iniziato un’approfondita indagine sull’acquisizione di Inoxum da parte di Outokumpu, al fine di verificare se questa operazione avrebbe potuto dare vita al principale produttore europeo di acciaio inox e soprattutto alla riduzione dai previsti 4 a 3 produttori de facto di piani in acciaio. Outokumpu ha quindi adempiuto la richiesta il 20 settembre 2012, inoltrando alla Commissione europea una proposta alternativa in grado di soddisfare i parametri concorrenziali indicati, contenente la vendita degli impianti svedesi di Avesta e di 2 linee di produzione di acciaio inox dell’Ast di Terni, in maniera tale da adeguarsi al processo di verifica antitrust; in data 1° ottobre 2012, la Commissione europea ha comunicato che i market test effettuati per verificare la nuova proposta di Outokumpu avevano ottenuto un esito negativo, concludendo con ciò che tali misure non fossero sufficienti a consentire l’acquisizione di Inoxum. L’organismo di controllo del mercato comunitario ha pertanto ribadito la necessità di formalizzare una proposta che garantisse all’interno del perimetro comunitario la presenza di almeno 4 produttori di acciaio inox, al fine di prevenire posizioni dominanti. Secondo la Commissione, infatti, rebus sic stantibus, sarebbe avvenuta la costituzione di 3 poli dell’inossidabile: Aperam, Acerinox e Outokumpu, ulteriormente rafforzata. Con l’acquisizione dell’insieme di Inoxum, infatti, la finlandese avrebbe raggiunto una copertura del mercato europeo afferente alla produzione di acciai laminati piani a freddo del 52 per cento e di quello mondiale del 14 per cento; di fronte al nuovo esito negativo dei market test, il 9 ottobre 2012, Outokumpu ha pertanto diramato un comunicato con cui anticipava i contenuti della proposta definitiva alla Commissione: cessione degli stabilimenti di Terni ad eccezione del tubificio, e trasferimento della linea più moderna per la produzione di acciaio lucido, con un potenziale di 130.000 tonnellate, in altro stabilimento del gruppo; sono seguiti alcuni tentativi di acquisizione del sito di Terni per mani europee (Aperam) ed italiane, tuttavia mai formalizzati. Senza preavviso, a novembre 2013 è giunta la notizia che ThyssenKrupp aveva riacquisito, tra le altre, le attività di parte di Inoxum, di AST, e delle sue società controllate (SDF, tubificio e Aspasiel). L’operazione è stata in seguito perfezionata con l’approvazione da parte della Direzione generale della concorrenza della Commissione europea, intervenuta in data 13 gennaio 2014; la procedura di riacquisizione prevedeva che ThyssenKrupp fornisse alla Commissione un piano di attività ed investimenti finalizzati a migliorare la redditività del sito produttivo. Sulla base della documentazione fornita, la Commissione ha ritenuto che l’acquisizione di AST da parte di ThyssenKrupp avrebbe efficacemente preservato una concorrenza effettiva, mantenendo quella quarta forza competitiva nel mercato dello spazio economico europeo dell’inox che ha sempre ritenuto necessaria; nei mesi successivi alla riacquisizione, la Regione Umbria e le istituzioni locali, insieme alle organizzazioni dei lavoratori, hanno più volte ribadito la necessità di ottenere maggiori e più dettagliate informazioni (anche per il tramite del Ministero dello sviluppo economico) in merito alla portata e ai fini del passaggio proprietario che ha ricondotto lo stabilimento ternano nelle mani di ThyssenKrupp. Si riteneva infatti che la formalizzazione del piano industriale per AST dovesse necessariamente incardinarsi sul mantenimento e la valorizzazione dell’attuale perimetro industriale, il mantenimento dei volumi produttivi e dei livelli occupazionali e l’attuazione di un programma di investimenti in coerenza con il piano europeo della siderurgia, varato dalla Commissione europea e ai dettati emanati della stessa al momento dell’esito negativo del passaggio ad Outokumpu; il 17 luglio 2014, una delegazione di ThyssenKrupp ‘Business area materials services’ e AST si è recata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per incontrare il sottosegretario Graziano Delrio e le istituzioni locali. In questa sede, e successivamente presso il Ministero dello sviluppo economico alla presenza del ministro Guidi e delle sigle sindacali, ThyssenKrupp ha presentato le linee generali del nuovo piano industriale: articolato in una prospettiva biennale, individua 5 obiettivi fondamentali da perseguire: incremento di redditività, ottimizzazione della struttura produttiva, ottimizzazione dei costi, razionalizzazione della struttura del gruppo, aggiornamento delle procedure di information technology; ThyssenKrupp prevede che tali obiettivi siano raggiunti attraverso: un aumento della produzione del ‘freddo’, che dovrebbe passare dalle 411.000 tonnellate del 2013, a 540.000 tonnellate all’anno; una diminuzione della produzione del ‘caldo’ fino a portarla a 350.000 tonnellate all’anno; il mantenimento della produzione di forgiati alle attuali 25.000 tonnellate all’anno; l’incremento della produzione di tubi da 65.000 a 80.000 tonnellate all’anno; un diverso e nuovo approccio commerciale, direttamente attraverso la struttura di ThyssenKrupp; il piano presentato ipotizza, entro l’anno fiscale 2015-2016, la chiusura di uno degli attuali 2 forni elettrici al fine di incrementare la capacità produttiva del rimanente anche attraverso un investimento sul trasformatore. Altri elementi del piano sono: riduzione dei livelli occupazionali del personale diretto di circa 550 unità; rinegoziazione degli appalti e delle modalità e costi di approvvigionamento delle materie prime; rinegoziazione dei contratti del personale, con una complessiva diminuzione del 10 per cento del costo rispetto ai livelli contrattuali attuali; interventi sui costi dell’energia, migliorando o in ogni caso mantenendo, quindi prorogando oltre il 2016, le attuali condizioni di favore in termini di costo dell’energia; ricostituzione nell’unico soggetto giuridico delle società del gruppo (Aspasiel, tubificio e società delle fucine) e conseguente riduzione del costo del lavoro riguardante la contrattazione di secondo livello; il 4 agosto l’azienda ha annunciato l’apertura del procedimento di messa in mobilità per 550 lavoratori, cui hanno fatto seguito notevoli manifestazioni da parte dei lavoratori e dure reprimende da parte del Governo, tanto che, il giorno successivo, chiamata al confronto con il ministro Guidi, l’AST è stata invitata a sospendere il procedimento di mobilità; il successivo 4 settembre 2014, si è quindi aperto un tavolo tecnico presso il Ministero, con il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali, della presidenza della Regione e delle istituzioni locali umbre, al fine di redigere un nuovo piano industriale. Secondo quanto dichiarato dal ministro Guidi nel corso dell’informativa del 29 ottobre alla Camera dei deputati, il «verbale che venne sottoscritto dalle parti, quindi azienda, sindacati e anche dai due Ministeri presenti, l’azienda si rese disponibile a modificare in ogni eventuale parte il piano industriale, ma ribadì – e questo diciamo fu un elemento di cui tutti noi prendemmo in qualche modo visione anche perché sottoscrivemmo quel documento – che l’obiettivo del piano rimaneva 100 milioni di euro di efficienza l’anno, che è quello che l’azienda dichiara essere necessario per riportare l’azienda in condizioni di redditività per continuare o, meglio, per riportarla ad essere un leader a livello europeo e mondiale nel mercato dell’acciaio». L’azienda aveva dunque accettato di ritirare dal tavolo del confronto la procedura di mobilità per 550 lavoratori, il taglio della piattaforma integrativa del 10 per cento, lo spegnimento di un forno fusorio, la continuazione di atti unilaterali, la reinternalizzazione in AST delle società controllate, per consentire lo svolgimento di negoziazioni fino al successivo 4 ottobre; l’accordo quadro presentato alle parti l’8 ottobre dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali si incentrava su una serie di elementi: da parte dell’azienda, «il mantenimento delle attuali capacità produttive sull’area a caldo e sull’area a freddo e ricerca delle condizioni di contesto (mercato qualità efficienza) che consentano anche il potenziamento delle lavorazioni ‘a freddo’». A tale scopo, AST si impegnava altresì a favorire le manutenzioni constanti al fine di mantenere la capacità produttiva, miglioramento e rafforzamento della rete commerciale per il mercato domestico e internazionale, investimenti finalizzati al miglioramento della qualità del prodotto, dell’efficienza produttiva e la riorganizzazione aziendale; sotto il profilo degli investimenti, l’accordo quadro dell’8 ottobre confermava quanto già presentato dall’azienda nel piano del luglio 2014; per quanto concerne le misure a salvaguardia dell’occupazione, la proposta ministeriale prevedeva che le parti concordassero «sull’opportunità di attivare ammortizzatori sociali atti a garantire un sostegno al reddito dei lavoratori» e di un impegno da parte della società a non far ricorso a strumenti unilaterali di gestione della crisi. Inoltre, era previsto un accordo sulla necessità di erogare il cosiddetto premio produzione 89/93 nella percentuale del 50 per cento in forma fissa, mentre per le parti variabili del salario era demandata la trattazione a criteri di variabilità da definire. Si prevedeva l’accordo sulla sospensione di tutti i bonus, incentivi e benefici per impiegati e quadri. Quanto alla mobilità, la proposta di accordo proponeva un ammontare da definire di lavoratori da assegnare per 24 mesi a partire dal 1° novembre 2014, eventualmente prorogabili a termini di legge. Nel corso del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria, le parti avrebbero dovuto concordare sull’attivazione di una procedura di licenziamento collettivo mediante il ricorso al criterio della volontarietà e della non opposizione ex art. 5 della legge n. 223 del 1991, per un numero di persone quantificato in 290, escludendo dalla definizione dell’ammontare degli esuberi i lavoratori a tempo determinato e gli apprendisti. L’azienda, sempre secondo la proposta di accordo quadro, si impegnava a corrispondere inventivi all’esodo; da parte delle istituzioni, il Ministero dello sviluppo economico ha confermato l’impegno a mantenere e potenziare gli istituti già legiferati e regolamentati per il contenimento e la riduzione dei costi di approvvigionamento dell’energia elettrica per le industrie energivore. La Regione Umbria ha convalidato la disponibilità di finanziamenti sul programma 2014-2020, finalizzati alla ricerca ed innovazione tecnologica in materia ambientale. Ed infine, il Comune di Terni si è impegnato a valutare con la massima attenzione i costi sostenuti direttamente da Acciai speciali Terni SpA nel ciclo dello smaltimento dei propri rifiuti solidi urbani ed assimilabili; tale proposta è stata tuttavia rigettata dalle parti. Al termine della trattativa, la mattina del 9 ottobre, l’azienda ha pertanto dato il via alla procedura di mobilità per 550 lavoratori come previsto dal piano industriale datato 17 luglio, e comunicato la decisione unilaterale di ridurre del 20 per cento il valore di tutti i contratti in essere con aziende terze; il 9 ottobre, i lavoratori si sono visti rifiutare dall’amministratore delegato di AST la possibilità di convocare un’assemblea sindacale unitaria, comprendente anche i lavoratori dei turni successivi, consentendola solo ai presenti. Tale rigidità, sommata al clima di tensione scaturito dalla cronaca degli eventi presso il Ministero, ha innescato una manifestazione spontanea, con un corteo che dal piazzale antistante all’acciaieria ha raggiunto la stazione dei treni per un’occupazione pacifica dei binari per 3 ore, una serie di occupazioni del Consiglio comunale e cortei notturni nelle notti successive, anch’essi assolutamente pacifici; il 15 ottobre, la ILSERV (una delle aziende colpite dalla decisione di decurtare del 20 per cento il valore dei contratti con le ditte esterne) avrebbe tentato la mediazione, risultata rapidamente nella rescissione del contratto ex nunc. Anche in questo caso, i lavoratori hanno improvvisato una manifestazione in strada, con incendio di cassonetti dell’immondizia in mezzo a viale Brin, causando il blocco della viabilità; il 17 ottobre ha avuto luogo uno sciopero generale a Terni, cui hanno aderito la quasi totalità dei lavoratori della città e rappresentanze delle istituzioni locali dell’Umbria; il 21 ottobre, l’azienda ha convocato i sindacati per comunicare una drastica riduzione dei turni dei lavoratori, circostanza che ha innescato lo sciopero ad oltranza ed il blocco totale della produzione; la notte del 22 ottobre, mentre i lavoratori si trovavano a presidiare l’ingresso di AST, l’amministratore delegato è giunta al presidio per discutere con i presenti con un intento non certo finalizzato a rasserenare la situazione; il 29 ottobre, un folto gruppo di lavoratori ha raggiunto la sede dell’ambasciata tedesca a Roma, in una manifestazione che aveva per obiettivo il ricevimento di una delegazione da parte dall’ambasciatore del Paese d’origine della multinazionale ThyssenKrupp per rappresentare le ragioni della vertenza. Lo scarno comunicato dell’ambasciata dà atto dell’avvenuto colloquio, sebbene senza entrare nel merito della vicenda; l’amministratore delegato di AST aveva inoltre assicurato al ministro Guidi, nel corso dell’incontro del 29 ottobre, che avrebbe versato gli stipendi dei lavatori il 27 ottobre, ma, alla data del 4 novembre risulta ancora disatteso l’impegno formale ad erogare le spettanze dovute ai lavoratori. Questo ha causato nuove manifestazioni risultate nell’occupazione della strada E45 per alcune ore, con l’intento di far fronte all’acuirsi dell’offensiva attuata dall’azienda. Con un comunicato stampa diramato in data 1° novembre, AST ha ribadito, in aperta contraddizione rispetto agli impegni presi col Governo italiano, che i salari non saranno pagati fino alla cessazione dello sciopero; considerato che: il vicepresidente pro tempore della Commissione europea e commissario responsabile per la concorrenza, Joaquín Almunia, ha dichiarato in esito all’approvazione del riacquisto di alcuni degli asset di Outokumpu da parte di ThyssenKrupp: «La nostra priorità era garantire che, nonostante le difficili condizioni di mercato, le acciaierie di Terni trovassero il più rapidamente possibile un acquirente idoneo, proteggendo nel contempo la loro redditività. ThyssenKrupp ha assicurato che svilupperà AST come concorrente forte e credibile di Outokumpu e di altri operatori del mercato». Tuttavia, la posizione del commissario Almunia relativa al frazionamento del mercato comunitario ed alla sua suddivisione tra 4 operatori appare non applicabile al caso di specie anche alla luce del potenziale di sviluppo dell’industria europea; se invece trovasse applicazione così come formulato, il piano presentato il 17 luglio da ThyssenKrupp per AST implicherebbe costi sociali ed industriali elevatissimi, in termini di impatto sull’occupazione diretta delle imprese del gruppo, sulla riduzione dei volumi di produzione, sulle attività e sulle imprese dell’indotto, oltre a non assicurare affatto il rafforzamento della posizione competitiva di AST e delle aziende del gruppo; inoltre, l’auspicato recupero di redditività di AST, a fronte delle consistenti perdite maturate negli ultimi 5 anni, dovrebbe essere conseguito anche contraendo il costo del lavoro tramite la riduzione dell’occupazione diretta e dei contratti con aziende terze. Tale intento appare di scarsa efficacia in termini di risultato, giacché il costo del lavoro rappresenta una componente che incide per circa il 5-6 per cento sul fatturato di AST, che supera annualmente i 2 miliardi di euro; il piano non prevede investimenti tecnologici adeguati al mantenimento di livelli di competitività necessari a preservare il potenziale produttivo dello stabilimento dai fisiologici fenomeni di obsolescenza tecnica, e parimenti non si riscontrano investimenti in ricerca e sviluppo in grado di differenziare le produzioni aziendali, puntare su nuove combinazioni di prodotto, acquisire nuovi mercati in considerazione dei notevoli livelli di sovracapacità produttiva esistenti a livello globale ed in particolare nei Paesi dell’Unione europea; il piano, nel suo insieme, si configura come un processo di esclusiva ristrutturazione organizzativa e ricerca dell’equilibrio economico, non prospettando alcuna strategia di sviluppo industriale coerente con il ruolo riconosciuto anche dalla Commissione europea ad AST ed alle imprese del polo siderurgico ternano; lo stesso profilo temporale del piano evidenzia una strategia di interventi finalizzati ad una dismissione del sito nel breve medio periodo e a una permanente riduzione della capacità e del potenziale produttivo di AST; già nell’ottobre 2013, è stato raggiunto tra sindacati ed AST un accordo per il ricorso alla mobilità volontaria per 130 lavoratori rientranti nei requisiti pensionistici previsti prima della piena entrata in vigore della riforma Fornero di cui al decreto-legge n. 201 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, e tale accordo ha determinato, con la piena disponibilità delle organizzazioni sindacali, una riduzione di costi delle attività di AST pari a 27 milioni di euro; la condotta della proprietà in questa fase cruciale per il futuro dell’industria siderurgica ternana manifesta evidenti elementi di incompatibilità con i principi di responsabilità sociale dell’impresa e con gli stessi interessi generali e collettivi, confermati, dopo la presentazione del business plan, dal disconoscimento degli accordi con le organizzazioni sindacali sulla gestione della cassa integrazione guadagni ordinaria e da un vistoso incremento del piano di fermo estivo degli impianti; la prospettiva del depotenziamento di AST, a seguito delle considerazioni fin qui formulate, rischia di sfociare in una transazione con mere finalità liquidatorie; il coinvolgimento del Governo nella trattativa sviluppatasi al Ministero dello sviluppo economico si è via via intensificato, fino al coinvolgimento diretto del Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi; rilevato che: il piano, così come formulato, rispetto ad una visione di equilibrio sul piano continentale, rischia di spostare l’asse produttivo di un settore strategico come quello degli acciai speciali e dei prodotti laminati verso Paesi del nord della UE, in palese contraddizione con le prospettive delineate, a suo tempo, dal piano di Outokumpu. Di fatto, si rischia di indebolire il sistema produttivo ed il potenziale di sviluppo del settore dell’acciaio in un Paese chiave nella UE e in un’area come quella del Mediterraneo investita da difficilissime congiunture economiche; la Commissione europea dovrebbe poter riassumere in sé non solo il ruolo di garante della concorrenza in termini formali, ma anche l’esercizio attivo di un potere di controllo ed indirizzo economico tale da contemperare il complesso degli interessi in gioco secondo un approccio integrato con le questioni legate allo sviluppo ed alla competitività dei territori; l’esito delle valutazioni sul piano industriale è comune e condivisa, sia da parte delle istituzioni locali e regionali sia dal Governo, che ha invitato ThyssenKrupp a considerare l’opportunità di rivederne i contenuti. Identici valutazioni e giudizi sono stati espressi anche dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori nazionali, della Acciai speciali Terni e delle aziende costituenti il polo siderurgico; il piano viene meno agli impegni che la Commissione europea ha formalizzato e richiesto a ThyssenKrupp al momento della sua riacquisizione della proprietà di AST e non può, quindi, rappresentare una seria e credibile base di discussione; osservato che: l’area ternana nel suo insieme è un distretto produttivo con caratteristiche peculiari e strategiche, vista l’integrazione del polo siderurgico e quello chimico e meccanico, costituito da grandissimi complessi industriali colpiti dal declino del mercato tradizionale di appartenenza, che necessita di strumenti specifici, in coerenza con la legislazione vigente, di sostegno alla sua reindustralizzazione; in tale contesto, AST rappresenta una componente imprescindibile della matrice produttiva dell’Umbria e dell’intero Paese. Incarna inoltre un tratto costituente ed essenziale del capitale sociale e territoriale di Terni e dell’intera regione; è perciò necessario che AST possa contare su prospettive di recupero credibili, in termini sia di redditività che di generazione di valore, in una fase di dura crisi economica. È quindi fondamentale costituire strumenti di politica industriale ad hoc, a partire da quelli volti al sostegno delle produzioni di base, ed in particolare quelle della siderurgia e degli acciai inossidabili; la strategia di politica industriale nazionale nei comparti manifatturieri primari deve essere iscritta nell’alveo del piano d’azione per una siderurgia europea competitiva e sostenibile, oggetto di comunicazione dell’11 giugno 2013 della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo ed al comitato delle regioni, impegna il Governo:
1) ad adottare ed attivare ogni utile iniziativa finalizzata a promuovere la realizzazione di un piano industriale da parte della multinazionale tedesca che, a partire dall’accordo quadro proposto dal Governo in data 8 ottobre 2014, preveda:
a) il mantenimento della capacità produttiva integrata sia a ‘caldo’ che a ‘freddo’ con l’obiettivo di garantire volumi produttivi adeguati;
b) investimenti adeguati a rafforzare tali volumi produttivi, che non si limitino a quelli relativi all’installazione a Terni della ‘linea 5’ (LAF 5), essendo le altre risorse indicate nel piano presentato il 17 luglio 2014 appartenenti ad un’attività di routine; in questo quadro appare opportuno anche valutare l’opportunità di chiedere a ThyssenKrupp nuovi investimenti in verticalizzazioni di processo e/o di prodotto e in attività strategiche del proprio core business presso il sito di Terni;
c) di rivedere il posizionamento di AST, dal punto di vista commerciale, nel ruolo di back office marketing all’interno dell’area Material di ThyssenKrupp, in quanto ciò fa perdere autonomia al sito ternano e non è coerente con l’obiettivo di potenziare la propria rete commerciale al fine di rivolgersi a nuovi mercati;
d) la ricerca di tutte le soluzioni possibili per la salvaguardia dell’occupazione, valutando l’opportunità di utilizzare anche lo strumento dei contratti di solidarietà;
2) a promuovere presso la UE ogni utile iniziativa al fine di richiamare in modo puntuale e cogente il valore strategico che AST Terni ricopre per l’economia nazionale, sollecitando un impegno a valutare positivamente l’integrità del polo siderurgico ternano in coerenza e nel rispetto delle pronunce e delle decisioni formali della Commissione europea;
3) a richiamare ThyssenKrupp al rispetto degli impegni su investimenti, competitività e concorrenza, che la Commissione europea ha formalmente richiesto al momento del perfezionamento dell’operazione di vendita prima e di riacquisizione poi di AST;
 4) ad attivare specifici interventi di sostegno, coerenti con la legislazione vigente, alla reindustrializzazione dell’area ternana, che nel suo insieme rappresenta un’area produttiva con caratteristiche peculiari e strategiche, considerata la concomitante presenza del polo siderurgico, di quello chimico e di quello meccanico; in particolar modo, accanto a quelli sul versante energetico già indicati nella proposta del Governo dell’8 ottobre, devono corrispondere impegni, nell’ambito del potenziamento e dell’ammodernamento infrastrutturale del Paese, come il completamento del tratto viario Orte-Civitavecchia e la realizzazione del potenziamento del collegamento ferroviario con l’Adriatico (raddoppio della Orte-Falconara) e per il raggiungimento di un più elevato livello di compatibilità ambientale, anche nel rispetto del piano della siderurgia europea;
5) a valutare l’opportunità di coinvolgere Cassa depositi e prestiti per favorire il rilancio, lo sviluppo e la competitività del sito di Terni nelle forme che il Governo riterrà più opportune.

Ne Parlano