L`economia italiana si sta fermando e rischia di entrare in recessione. L`inflazione erode inesorabilmente il potere d`acquisto dei redditi fissi e allarga le disuguaglianze, perché penalizza in proporzione di più le famiglie meno abbienti. La manovra di bilancio del governo Meloni è del tutto inadeguata a rilanciare la crescita e aggraverà ulteriormente la condizione sociale del paese. Oltre metà delle risorse è destinata agli interventi contro il caro energia, ma i soldi finiscono a marzo. Se la crisi energetica proseguirà, per la parte rimanente dell`anno potrebbero non esserci spazi per affrontarla. La manovra di bilancio è molto debole sul fronte degli investimenti. I principali incentivi escono indeboliti o cancellati. Il Superbonus 110 per cento viene ridotto senza risolvere l`enorme problema dei crediti fiscali incagliati e senza definire una strategia alternativa. Gli incentivi di Transizione 4.0 dall`anno prossimo saranno dimezzati. Il rilancio del Mezzogiorno è il grande assente della manovra e sul Pnrr grava una pesante cappa di incertezza. In campo sociale, al di là di alcune misure apprezzabili ma transitorie, la legge di Bilancio si segnala per il suo elevato tasso di iniquità, in primis in campo fiscale. L`estensione della tassa piatta sulle partite Iva fino a 85mila euro di ricavi è del tutto ingiustificabile, perché allarga ulteriormente la disparità di
trattamento tra dipendenti e autonomi concedendo un favore fiscale enorme (in media 7.700 euro) a una platea relativamente ristretta di potenziali beneficiari (circa 60mila contribuenti, in gran parte professionisti). Il vice ministro Leo parla di un «ponte verso una futura riforma fiscale». In realtà si prosegue nel tunnel della frammentazione del sistema tributario, aggravando la “fuga dall`Irpef` e l`iniquità orizzontale di un fisco in cui ormai la progressività riguarda solo dipendenti e pensionati. Altre misure controproducenti dal punto di vista dell`efficienza e dell`equità sono la fiat tax incrementale, che sarà in vigore per il solo 2023 e per i soli i titolari di reddito d`impresa e i lavoratori autonomi, costando ai contribuenti oltre 800 milioni di euro nel 2024 (con oneri probabilmente sottostimati), l`imposta sostitutiva sulle mance (che rischia di essere un favore più per i datori di lavoro che per i dipendenti) e l`aliquota ridotta dal 26 al 14 per cento per i redditi da capitale (un autentico regalo ai contribuenti più ricchi). Dulcis in fundo, si fa per dire, l`evasione fiscale. Secondo l`ultima relazione del Mef il tax gap delle principali imposte evase (Iva, Irpef lavoro autonomo e impresa, Irap e Imu-Tasi) è diminuito da 83 miliardi nel 2017 a 70 nel 2020. Questo visibile miglioramento è frutto di scelte coraggiose e lungimiranti, a partire dall`introduzione e progressiva estensione della fatturazione elettronica decisa dai governi di centrosinistra nella 17esima legislatura. Era necessario proseguire su questa linea. Il governo Meloni ne ha scelta invece un`altra: la strada dei condoni e delle misure “segnaletiche” di accomodamento verso gli evasori. Un
intero capo della legge di Bilancio è dedicato a quelle che il governo pudicamente chiama «misure di sostegno in favore del contribuente»: un festival di definizioni agevolate, sanatorie, ravvedimenti speciali, conciliazioni agevolate, regolarizzazioni che altro non sono che condoni o para condoni. Norme che, oltretutto, nel 2023 costeranno allo stato ben 1,1 miliardi di minori entrate. La legge di Bilancio inoltre innalza da mille a 5mila euro la soglia per il divieto di uso del contante e disapplica l`obbligo di accettare i pagamenti con carta per cifre inferiori a 60 euro. Due misure senza alcuna motivazione (al di là di quella, risibile, che la soglia più alta per i contanti “aiuta i poveri”, cit. Meloni) se non di strizzare l`occhio a chi ha bisogno di usare liberamente i contanti ed evitare la tracciabilità dei pagamenti per sfuggire più facilmente al fisco. Il combinato disposto di queste scelte è disastroso ed è il terreno su cui si misura più concretamente l`iniquità della politica economica della destra. Di fronte a ingiustizie di questa portata, non basterà opporsi in parlamento. È necessario mobilitarsi nel paese, promuovendo un ampio movimento di opinione pubblica che contrasti apertamente il progetto fiscale della destra e si faccia portatore della difesa del valore costituzionale della progressività e della battaglia per un fisco più giusto, più semplice e più leggero per chi lavora e chi fa impresa. È innanzitutto su questi temi che il Pd manifesterà a Roma sabato 17 dicembre. Ed è su questo terreno che si misurerà la capacità dell`opposizione di ritrovare unità di intenti e costruire insieme una credibile alternativa di governo alla destra di Giorgia Meloni.


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