‘Non esiste il rischio della deriva personalista; c’è una leadership forte ma contendibile. Nel 2017 ci saranno le primarie per la segreteria’
Il Pd compie sette anni. L`ex segretario Pierluigi Bersani ha voluto fargli gli auguri a modo suo: «Un partito di iscritti ed elettori, popolare e riformatore. Un partito unito, plurale e senza padroni. Caro Pd, auguri». Non c`è bisogno di essere maliziosi per capire la sottile polemica sul calo degli iscritti e sulla torsione decisionista del partito. Il prossimo 20 ottobre la segreteria del Pd si riunisce proprio per discutere della forma partito e Renzi sembra intenzionato a proseguire sulla strada intrapresa. Un partito a forte impronta personale, con una leadership decisa, di elettori più che di iscritti, meno novecentesco e più obamiano. Giorgio Tonini, senatore Pd e componente la segreteria del partito, è stato tra i primi a teorizzare un partito al tempo stesso democratico e leaderistico.
Tonini alla minoranza dem il partito decisionale degli elettori non piace. Il rischio – si dice – è la deriva del partito personale. Quale sarà la linea del segretario nella prossima direzione?
Renzi vuole mantenere la fisionomia del Pd come era stato concepito alla sua origine: un partito a vocazione maggioritaria, di elettori oltre che di iscritti, con una leadership pronunciata ma contendibile. Un partito che per varie vicissitudini la segreteria Veltroni non è riuscita a incarnare e che invece Renzi è riuscito a realizzare con successo. Non capisco di quale rischio si stia parlando visto che è questo il partito che ha preso oltre il 40% alle ultime elezioni europee.
C`è un calo di iscritti sensibile per esempio.
Secondo i dati diffusi dal vicesegretario Guerini siamo oltre 400mila iscritti. Non pochissimi. Comunque a portare a questa cifra il Pd, dagli 800mila che lasciò Veltroni, sono stati i teorici del partito degli iscritti. Ma io non credo sia una tragedia. L`adesione ai partiti sotto forma di tesseramento è in crisi in ogni parte del mondo democratico.
Le primarie sono state una forma nuova di coinvolgimento peccato che segnino un`emorragia di partecipanti impressionante.
Se lei si riferisce all`Emilia Romagna è vero, lì si può addirittura parlare di crollo, ma in Calabria le primarie sono andate molto bene. Ogni episodio ha una storia a sé. Il fatto è che ci sono fenomeni di stanchezza dovute al ripetersi frequente delle primarie.
Insomma lei non lo vede il rischio di un partito personale.
Il Pd è un partito democratico: nel 2017 ci saranno di nuovo le primarie e la sua leadership sarà di nuovo contendibile. E` attraverso questo strumento che Renzi ha conquistato la segreteria del partito, scalando uno ad uno i gradini che dalla provincia di Firenze lo hanno portato ad essere presidente del Consiglio. Renzi non sarebbe esistito senza le primarie, senza questa forte investitura popolare dal basso. La differenza con un partito a leadership carismatica o come qualcuno dice padronale sta in questo: che la leadership del Pd contendibile quella di Forza Italia no. Mi sembra una garanzia. E un punto di forza, perché il Pd che ha guardato alla leadership con sospetto è quello che contro Berlusconi ha sempre perso, lamentando una carenza di decisionalità e di ritmo politico.
 La formula Renzi dunque funziona secondo lei.
Io la chiamerei la formula Pd: un partito che è diventato ciò che è per usare un paradosso filosofico. Oggi il Pd è un partito moderno che produce leadership in modo competitivo. Va strutturato meglio, ottimizzando l`organizzazione dell`assemblea nazionale degli organismi intermedi, ma è uno strumento che funziona, che crea consenso e partecipazione.
Non crede che esista però un conformismo renziano nel Pd? E che un sistema elettorale che dà ancora un enorme potere alle segreterie dei partiti scoraggi le voci di dissenso?
Quando c`era Bersani non era molto diverso. Intorno al potere si crea sempre un conformismo. Ma insomma mi pare la storia del mondo. E la storia insegna che questo unanimismo dura finché dura il successo. Blair aveva in mano il partito laburista finchè le cose sono andate nel verso giusto, quando ha cominciato a perdere gli amici si sono rarefatti e ha dovuto passare la mano a Gordon Brown. Il punto se mi consente non è questo, è che i partiti degli anni duemila sono diversi da quelli degli anni cinquanta.

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