“La morte di Alfredo Reichlin è per molti di noi la scomparsa di un vero amico ed è per l’Italia intera la perdita di un grande leader politico e di un grande protagonista delle lotte sociali del nostro Paese”. Così il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda interviene nell’aula del Senato ricordando Reichlin. E continua: “Chi ha a cuore il futuro dell’Italia deve riflettere. Pesa sul nostro presente e sul nostro futuro la grande distanza che, in termini di spessore culturale, di sensibilità sociale, di ampiezza di visione, separa personalità come quella di Alfredo Reichlin dalla nuova classe dirigente politica, della quale anch’io, come tutti noi, faccio parte”.
Il capogruppo dei democratici ricorda come “la passione politica e la cultura” guidassero “la sua azione quotidiana”. E lo ricorda “appassionato e studioso di economia”, uno “dei grandi dirigenti del pci che hanno capito la necessità per il partito di fare i conti col mercato, con le regole dell’economia contemporanea, col potere finanziario, con il sistema industriale internazionale. Erano illuminanti i suoi racconti degli incontri tra lui, dirigente del pci, e Cuccia, in quegli anni primo difensore del capitalismo italiano”.
“Pensava che la politica italiana fosse entrata in crisi perché non aveva capito per tempo le necessità del cambiamento, perché non sapeva adattarsi alle mutate condizioni del Paese, dell’Europa e del mondo”.
“Erano visibili in Alfredo Reichlin due punti di vista tra loro apparentemente in contraddizione. Per un verso era un uomo politico rigorosamente realista, consapevole dei rapporti di forza e rispettoso delle necessità che ogni giorno, a tutti i livelli condizionano la nostra azione. Ma, per un altro verso, pensava incessantemente a come cambiare la realtà, a come far crescere la qualità della politica, a come immettere un pensiero rinnovatore nella stagnante condizione italiana. Ma se debbo dire se era più realista o più sognatore, dico che era più sognatore. E faceva bene, perché senza l’ambizione ideale, senza la voglia di cambiamento, senza il sogno di Reichlin, l’Italia non ce la farà mai”.
“Se crediamo nella democrazia e la vogliamo forte – conclude Zanda -, dobbiamo continuare ad ascoltarlo anche dopo la sua scomparsa, per non dimenticarci la sua lezione, tenendo sempre presenti i valori che ci ha insegnato”.