Noi siamo seri, approveremo la riforma
Senatore Luigi Zanda, presidente del Pd a Palazzo Madama, come dovrebbe operare in concreto il Senato del futuro, quello previsto dalle riforme messe a punto da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi?
 «Il dato strategico importante è che riforma del Senato, nuova legge elettorale e modifica del Titolo V sono strettamente collegate fra di loro. Dunque, è logico farle insieme. Poi, per quanto riguarda Palazzo Madama, sono già stati approvati due paletti: che i senatori non verranno più eletti direttamente e che non avranno diritto a un`indennità».
Chi li eleggerà, allora?
«I consigli regionali, i consigli comunali… Comunque, elezioni indirette».
 Non somiglia a una modalità più vicina alla nomina?
«Non direi. Il nostro ordinamento prevede elezioni di questo tipo, di secondo grado. E, comunque, i consigli sono eletti dai cittadini».
Quali competenze dovrebbe avere il nuovo Senato?
«Le funzioni saranno delineate nelle prossime settimane. Come mia opinione personale, potrebbe per esempio partecipare alle modifiche costituzionali, alla ratifica dei trattati internazionali, ai rapporti con le Autonomie, ai rapporti con l`Unione europea, alle politiche culturali».
I nuovi senatori non dovrebbero avere indennità. Ma una struttura, ovviamente, sì.
«Nessuno stipendio, ma struttura per poter lavorare, certamente».
 Non si rischia di avere costi alti e ridondanti per una Camera che non legifera?
«Non ritengo giusto affrontare il tema in questi termini. Il contenimento dei costi della politica è un tema generale che riguarda le Regioni, i Comuni e, naturalmente, il Parlamento. Ma adesso la mia preoccupazione è arrivare a una definizione corretta del Senato dopo il superamento del bicameralismo perfetto. E l`obiettivo è di farlo entro circa un anno».
Dunque, salvo anticipi a sorpresa, in tempo per le prossime: crede che i senatori siano disponibili a decretare la propria «autodistruzione»?
 «Penso che, se la proposta sarà utile al bene del Paese, approveranno la riforma. Naturalmente, parlo dei senatori del Partito democratico, di cui conosco la serietà». Tornando alla legge elettorale, non sono previste preferenze.
 «E giusto che non ci siano. Però ritengo che sarebbe molto utile istituire per legge le primarie per tutti i partiti. L`ho proposto in Direzione».
Non le sembra almeno poco dialettico arrivare alla Direzione del proprio partito con un`intesa già blindata e affermare, come ha fatto Renzi, che «o si prende tutto il pacchetto o viene meno l`accordo»?
«Ma un testo ancora non c`è. E ho raccomandato al segretario una enorme attenzione nella sua stesura. Però questa non è la legge elettorale del Pd: le regole si definiscono con il voto di molte forze politiche. E si lavora per ottenere il consenso delle forze di maggioranza e oltre».
Intanto l`accordo è stato siglato prioritariamente con Berlusconi, che così riscuote dal Pd anche nuova legittimazione. Nei mesi scorsi lei era stato molto netto sulla ineleggibilità del leader di Forza Italia.
 «Confermo il mio giudizio politico sugli ultimi 20 anni e su Berlusconi. Però le regole del gioco non si fanno a colpi di maggioranza. Nel 2005 il Pdl ha votato da solo il Porcellum. Noi siamo diversi».
 Nel duello Bersani-Renzi delle primarie, lei aveva votato Bersani. Adesso sembra condividere la linea Renzi.
 «Renzi è stato eletto. E ritengo che sia dovere di tutti noi essere leali con il segretario. Un partito non può vivere senza lealtà di rapporti».

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