La chiesa, il ritorno della teologia del corpo e gli inconsolabili Ferrara, Della Loggia e Socci
Quella di Cristiani per il n socialismo è stata, in Italia e in altri paesi, una storia interessante e ricca, anche se spesso teneramente ingenua. Non vi ho preso parte perché ciò che restava della mia fede già si muoveva per conto suo e, prevalentemente, in una poco beata solitudine. Della cultura di quel movimento, oltre a qualche aspra qualità, ricordo tuttora un particolare tic: l`irresistibile ossessione per la classificazione di tutto quanto accadeva all`interno della chiesa secondo parametri politicistici. E, in particolare, secondo la più classica toponomastica disegnata sul continuum destra-sinistra. Pensavo che tutto ciò appartenesse a una fase ormai trascorsa della ecclesiologia, ma così non sembra se tre commentatori non certo sprovveduti, come Giuliano Ferrara, Ernesto Galli della Loggia e Antonio Socci, continuano a indulgervi. E finiscono per valutare il confronto tra i padri sinodali con gli stessi criteri adottati per decifrare le correnti, chessò, di Scelta civica. E così Galli della Loggia (Corsera, 20 ottobre) definisce ‘centrista’ la recente scelta di Papa Francesco di dare ‘un`immagine più mediatrice del suo magistero’. Per non dire di Socci, che offre un quadro della chiesa attuale come Palmiro Togliatti avrebbe potuto descrivere il Partito comunista dopo che i bordighisti se ne fossero impadroniti. E nemmeno Giuliano Ferrara sa trattenersi. Insomma, viene da dire: suor Cristina, ve la meritate proprio. Non solo. Come sempre quando si è preda di grandi passioni (il football, la copula, la speculazione filosofica…), è facile perdere il senso del limite. Con tutto il rispetto per i furiosi studi teologici di Ferrara, nei confronti dei quali mi sento un gracile dilettante, francamente non ritengo che il direttore del Foglio possa pensarsi come l`Hans Urs von Balthasar dell`epoca del relativismo etico. Ne deve mangiare ancora di pastasciutta, di patristica e di Erich Przywara, Jean Daniélou e Henri de Lubac. E, dunque, la sprezzatura verso monsignor Bruno Forte mi sembra davvero pretestuosa: ‘Il teologo napoletano è certamente intelligente, con un`aria anche furba, volgarmente si direbbe paracula’. Insomma, ‘teologia debole e filosofia debole, nel senso di pensiero debole’ (il Foglio, 16 e 20 ottobre). A lui Ferrara attribuisce la responsabilità di quella ‘misericordia progressista’ grazie alla quale l`omosessualità sta per ‘invadere il mondo ecclesiastico e della fede’. Per una singolare bizzarria del caso, posso testimoniare che le cose non stanno affatto così. Quasi due decenni fa cominciai a scrivere in termini definibili come ‘morali’ a proposito del diritto al riconoscimento giuridico delle convivenze tra persone dello stesso sesso. Ebbi, per tutta risposta, due severissime reprimende: una da parte del teologo Gino Concetti (sull`Osservatore Romano del febbraio `96) e una proprio da parte di monsignor Forte. Entrambi mi rimproveravano, senza la minima ‘misericordia progressista’, di voler costruire un ‘castello di carta (…) su argomenti assurdi’ dal momento che ‘non esiste e non può esistere una morale limitata, parziale e provvisoria’. Secondo questa impostazione, dunque, mai si sarebbe arrivati ad affermare che le unioni di fatto ‘in cui si conviva con fedeltà e amore’ vanno guardate con rispetto, in quanto ‘presentano elementi di santificazione e di verità’ (nota della sala stampa vaticana, attribuibile a Forte). Certo, una simile formulazione non è stata approvata dal Sinodo né a maggioranza qualificata né a maggioranza assoluta, ma ciò che più conta è che quelle parole oggi abbiano una indubbia legittimazione all`interno del dibattito teologico e pastorale. E se Camillo Ruini dichiara candidamente di poter ‘rinunciare a un`espressione che è stata spesso equivocata’ come ‘valori non negoziabili’, cosa mai gli replicherà Ferrara? Coerentemente con il linguaggio dottrinario già manovrato contro Forte, darà del ‘cagasotto’ all`ottantatreenne Ruini? In alternativa, potrebbe considerare un`ipotesi tutt`affatto diversa. Insomma, non ci si può beare dell`evangelico ‘lo Spirito soffia dove vuole’ e, poi, interpretare le profonde trasformazioni in atto (psicologiche e sociali, etiche e comportamentali), quasi fossero l`esito di una resa vergognosa alla secolarizzazione e alla scristianizzazione del mondo. E` possibile un`altra lettura, opposta a quella paradossalmente nichilista di Ferrara. Penso, infatti, che ‘l`autoevidenza della fede nutrita da una idea razionale di legge naturale’ continui a rappresentare per la chiesa cattolica un solido fondamento, e che tutto ciò che il Sinodo ha prodotto e produrrà non porterà necessariamente a mettere in discussione tale fondamento, bensì il rapporto di quest`ultimo con l`esperienza umana nel suo divenire e con la vita sociale delle comunità storicamente determinate. La mia ipotesi, modestissima, eppure confortata da tanti segni del pontificato di Francesco e dal suo formidabile discorso sul sistema della giustizia penale, è che oggi nella chiesa ritornino (ritornino: nulla di nuovo, a ben vedere) quegli elementi di ‘teologia del corpo’ che hanno sempre attraversato il pensiero cristiano. Il corpo mortificato nel suo desiderio di piena espressione della propria capacità di amare, così come il corpo umiliato dall`esercizio ‘spietato del potere sulle persone private della libertà’.

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