Il 6 aprile celebriamo il nostro lutto. Il lutto di un’intera città, che non riesce a dimenticare. Sono trascorsi ormai quattro anni da quella terribile notte che ha sconvolto per sempre le nostre vite, ma le cicatrici ancora bruciano. L’urlo dell’orco si avverte ancora, ed è brutale. Il dolore per la perdita di 309 vite, per la scomparsa di tanti giovani studenti, ancora è vivo. Ed è un lutto nazionale. È un dolore che portiamo dentro di noi ed a volte è incontenibile. La fiaccolata di venerdì organizzata dai comitati dei parenti delle vittime e le altre iniziative delle associazioni culturali e di volontariato per commemorare il lutto sono un momento collettivo di riflessione, di una comunità che nel dolore ritrova una sua identità. Sabato lanceremo ancora una volta il nostro grido di dolore. Ma dal giorno dopo quel grido si trasformerà in rabbia, in lotta. Dobbiamo riportare qui lo stato che manca da troppo tempo. Non abbiamo ancora ottenuto quello per cui stiamo lottando da quattro anni. Il 6 aprile a L’Aquila ci sarà anche il presidente del senato Pietro Grasso, una presenza importante, lui stesso potrà rendersi conto del momento di profonda e drammatica solitudine che la città sta vivendo. In questi 1.460 giorni abbiamo dovuto sopportare di tutto. L’Aquila sedotta ed abbandonata vigliaccamente. Passerelle elettorali, un ex presidente del consiglio che ha gridato al “miracolo” della ricostruzione. Spese folli per un G8 da cui abbiamo ottenuto pochi benefici. Manganellate e denunce per aver preso parte a manifestazioni, in cui chiedevamo lo slittamento del pagamento delle tasse, come per altre emergenze. Abbiamo dovuto tollerare una gestione commissariale di quasi quattro anni, che definire disastrosa è un eufemismo, con strutture burocratiche che hanno rallentato il processo di ricostruzione. Abbiamo dovuto subire polemiche a non finire per il piano di ricostruzione, necessario a detta dell’ex commissario, per avere risorse dal governo. Il piano c’è, i soldi ancora no. L’Aquila sta ancora soffrendo per una ricostruzione che nei centri storici è bloccata da pastoie e mancanza di risorse. Facciamo i conti ogni giorno con una crisi sociale ed economica, che è doppia rispetto al resto del paese. Il lavoro manca, le attività economiche non sono riuscite a ricollocarsi tutte. I giovani reclamano spazi, lavoro e speranze. E in troppi vanno via spaesati dalla città che non c’è. L’attuale governo ci lascia senza aver affrontato e risolto i principali problemi: la programmazione delle risorse che finiscono nel 2013, la restituzione delle tasse interpretata da Inps e Inail al 100%, contro una legge votata dal parlamento, la trasformazione dell’intervento di ricostruzione come contributo diretto e non più come contributo agevolato, metodo adottato giustamente nel terremoto dell’Emilia Romagna. Non ci sono i fondi per la ricostruzione. Ai comuni si stanno dando le briciole rispetto ai piani ed ai programmi approvati. Non abbiamo da celebrare successi. E le cose che con fatica pure si stanno facendo, non ci consentono di festeggiare nessuna ricostruzione. Il ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, inviato del premier Monti per la gestione della ricostruzione, si è impegnato, ma il Mef, la Fornero, ed altri dicasteri hanno persino messo in discussione alcune sue iniziative. A seguirci abbiamo un ministro dimissionario come tutto il governo, mentre la città ha bisogno di risposte concrete. Gli aquilani sono disorientati e lo stallo politico che sta attraversando il paese, per noi avrà delle ripercussioni pesantissime. Al governo abbiamo detto chiaramente come stanno le cose. Abbiamo bisogno di un miliardo l’anno per almeno cinque anni nella forma del contributo agevolato, così da avere una rinascita post-sisma della città pienamente avviata entro il 2018. Risorse costanti, certe, a flusso continuo. Ci candidiamo a diventare capitale europea della cultura 2019 e dobbiamo arrivare pronti a quell’appuntamento. Abbiamo aspettato già troppo e inutilmente. Abbiamo fornito al governo il nostro crono-programma con gli step della ricostruzione. Partiremo dall’asse centrale, che va da piazza Duomo alla fontana Luminosa passando per il corso vecchio, il cuore economico, pulsante della città. Poi avvieremo altri segmenti di città, e le frazioni, le più danneggiate dal punto di vista strutturale e sociale. Ci hanno chiesto montagne di carte fino a oggi, le abbiamo prodotte, ed ora? Ricostruire L’Aquila è una grande questione nazionale. Ed è il paradigma dello stallo inquietante in cui sta il nostro paese. Il 5 ed il 6 sarà lutto e dolore, ma dal 7 inizia la nuova protesta.

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