Luigi Zanda, presidente del gruppo Pd al Senato, non ha dubbi: «Dopo la divisione il rischio incidente c`è, il governo è più debole». Momento luttuoso?
«I fuoriusciti dovranno marcare la propria identità. Le scissioni sono totalmente fuori dal mio modo di fare politica e di stare in un partito. Per me l`unità del Pd è stata da sempre una priorità assoluta».
Presidente Zanda, tra poche ore i suoi ex compagni di partito formalizzeranno la nascita di un nuovo gruppo in Senato. Giornata luttuosa?
«Le scissioni sono totalmente fuori dal mio modo di fare politica e di stare in un partito. Per me l`unità del Pd è stata da sempre una priorità assoluta, non per una questione sentimentale ma per una grande necessità politica, soprattutto per il centrosinistra. Da sempre il centrosinistra fatica a essere maggioranza nel Paese, perché è ammalato di divisioni interne e conseguente dispersione di voti».
Qual è il virus che fa scatenare questo malanno? Rancori? Visioni diverse?
«Prima di tutto c`è da dire che questa divisione è più un fenomeno di vertice, che di base. La famosa amalgama è riuscita: nelle sezioni e nei circoli del Pd, la nostra gente non sente differenze d`origine. Viceversa le difficoltà sono venute da alcune parti del vertice».
Renzi dice che la colpa è di D`Alema, Speranza che è di Renzi. Lei?
«Per come concepisco la politica, la responsabilità è sempre di chi se ne va via. Soprattutto se lo fa in modo organizzato: un conto è uscire da un partito, un altro è uscirne e formare subito un altro soggetto politico, affollando un`area dove già sono presenti quattro partiti di sinistra come giustamente ha osservato Veltroni».
Pensa che prima o poi tornerete a lavorare insieme, che potreste allearvi alle elezioni?
«E` difficile immaginare che si possa uscire da un partito per poi cercare di allearsi con esso. Ho l`impressione che questa scissione possa produrre conseguenze molto serie, anche al di là di quelle che sono le intenzioni degli scissionisti».
Tipo?
«Intanto la scissione può offrire chance di primato a una destra che certamente cercherà di unificarsi. Oppure ai grillini. Poi indebolisce oggettivamente il governo. Non tanto per i voti di fiducia: penso che gli scissionisti la voteranno. Però, accentueranno le prese di distanza su provvedimenti ed emendamenti per marcare la propria identità. E crescerà di conseguenza la possibilità di incidenti parlamentari. Ma c`è di più».
Cosa? In fondo gli scissionisti sono meno dei previsto.
«Lasci stare, in Senato per far ballare la maggioranza bastano pochi voti. Il di più cui accennavo è altro: la scissione indebolisce e danneggia l`Italia in Europa. Per l`Unione e le cancellerie europee la stabilità politica è più importante perfino del Pil e del debito. Ed è indubbio che la scissione rende meno stabile il Paese».
In queste ore si fa un gran parlare del Bruto che accoltellerà il Gentiloni-Cesare. Renzi sospetta Bersani, Bersani dice che sarà Renzi. Lei?
«Oggi non vedo questo il rischio. Vedo piuttosto il pericolo dell`incidente parlamentare. Non basta auto-proclamarsi forza di governo. Bisogna esserlo nella realtà».
Domenica Renzi ha detto che per lui si va alle elezioni nel 2018 e che semmai sarà Gentiloni a decidere di andare al voto prima. Come finirà?
«Dipende moltissimo dalle forze parlamentari. Abbiamo davanti un programma ancora ambizioso e la coesione sarà essenziale. Questa legislatura può essere la più importante, dal Dopoguerra ad oggi, in materia di normativa a carattere sociale. Con Renzi abbiamo approvato il divorzio breve, le norme a protezione dei minori, quelle in materia di autismo e sull`affido-adozione, il “dopo di noi”, le unioni civili, il terzo settore, l`obbligo di screening neonatale. Nelle prossime settimane, con Gentiloni, possiamo varare altre quattro leggi importantissime: il contrasto alla povertà per il quale sono già stanziati 2 miliardi, la legge sui minori stranieri non accompagnati, il cyberbullismo, lo ius soli. In più spero che si possa finalmente approvare la legge sul testamento biologico».
Sullo ius soli c`è un problema di maggioranza. Il Ncd ha detto di no.
«La Camera lo ha approvato. L`approverà anche il Senato perché è una legge di giustizia e di civiltà».
Ha fatto accenno al rischio dell`incidente parlamentare. Ma ad ottobre davanti alla prua del governo si alzerà un iceberg: una legge di stabilità da oltre 20 miliardi. Può questo governo, non esattamente solido, uscirne vivo?
«Una manovra dalle dimensioni che ha appena descritto è impegnativa per qualsiasi governo. Il problema sarà quello di definire contenuti che mantengano una direzione espansiva. L`Italia ha bisogno di sviluppo, senza non potremmo affrontare le nostre due emergenze più vistose: la disoccupazione e il debito pubblico».
Non sarebbe più saggio, visto che Renzi non intende “finire come Bersani che appoggiò Monti”, far varare la manovra a un governo appena battezzato dal corpo elettorale? Si parla di elezioni il 24 settembre…
«Non faccio previsioni. Prevedere senza conoscere il futuro è sempre un`impresa molto, ma molto, a rischio».
Però i segnali sono già tutt`altro che incoraggianti: il Pd vieta a Padoan le privatizzazioni e l`aumento delle accise per rastrellare i 3,4 miliardi richiesti da Bruxelles.
«Sono d`accordo che l`Italia debba avere come stella polare la riduzione delle imposte. Il tema delle privatizzazioni, visti anche gli errori del passato, va affrontato con prudenza e inquadrato in una politica industriale seria».
Ma senza aumentare le tasse, come farà Padoan a trovare 3,4 miliardi?
«Ci sono certamente ancora margini di risparmio e ulteriori passi di incisività nella lotta all`evasione».
Con quale legge elettorale si andrà a votare?
«La linea del Pd è il sostegno al Mattarellum, una buona legge che ha garantito rappresentanza, governabilità e alternanza».
Non è invece più probabile il ritorno al proporzionale con governi tipo pentapartito?
«Pentapartito? Se torna il proporzionale puro senza premi e senza soglie adeguate, si rischierebbe di arrivare addirittura al decapartito. E questo non aiuterebbe la nostra economia, i mercati finanziari ci punirebbero, perderemmo ogni credibilità in Europa, verrebbe messa a rischio la coesione sociale».


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